Tuesday, June 27, 2006

La porta sul retro dell'Inferno

Coesistenza infelice. Volare come Peter Pan dove i pirati invece mi getteranno in pasto ai pescecani. Almeno lo credo io. Giro attorno al mio baricentro, e rischio di cadere. Vedo figure confuse. Li ho conosciuti veramente? Distorti nello spazio e nel tempo, l'impressione di vedere l'inferno sul Tower Bridge, gli zombie che camminano su di esso monotoni. Neanche lo sguardo posso alzare. Perché vedo fuori e la natura classica mi mostra l'inferno che ho sempre conosciuto (it is in my bones). Essere tanti in uno solo, lo slancio vitale naturale che fa essere il singolo l'insieme di ciò che ha escluso, tanti slanci smorzati e che risorgono. Volontà di vivere di ognuno a modo loro. Forza cieca. E forza nascosta che potrebbe esserci. Soggetto e predicato. Contemporaneamente o storicamente è tutto da vedere. Il processo non terminerà mai. Devo apprendere. Esagero. Sottolineo. Guardo troppo negli errori. Dovrei tenerli più in considerazione. E saper perdonare, anche se non sono tali. Ma l'inconoscibile noumeno rimarrà tale in ogni caso. Fiducia. Sì. Ne ho. Riposta male o bene? Dipende chi si prende in considerazione, e dipende anche il tempo. Il tempo fa modifiche senza interpellarmi. Lui le controlla, lui scorre irrefrenabile. Io no. E' facile vedermi con le punte dei piedi sul ciglio di un burrone(il mio corpo è già oltre) che non è profondo come altri, e che fatale non mi risulterà se lo voglio. "Così volli che fosse". Così voglio? Così vorrò? Una cosa alla volta. Analisi rimandata. Gli esami del sangue li faccio dopo. Equilibrio di forze avverse e disparate. Non mi vedete chiaramente. Mi vedete come mi mostro. Le sfaccettature e i riflessi contano. Ma di meno di altre cose. Angoscia perenne. Crescerai mai? Devo. Volente o nolente. Da solo e tra gli altri. Con gli altri e tra solitudini immani. Una terra davanti a me, sotto di me. Un mondo dentro, con annessi e connessi. Un cielo sopra di me. Al momento rosso scarlatto ciò che vedo. Un presagio errato probabilmente. Un sentimento del passato e del presente. E del futuro non ne parliamo. Materialismo. Accendo il motore. Ma mi serve benzina. E so dove trovarla. Un pozzo senza fondo. Oro nero e cielo scarlatto. Terra gialla e verde, e dentro solo sapore. Sapore di tutto. Sapore di troppo. Contenere e ripartire. I bagagli si scaricano arrivati a destinazione. Con un mezzo di locomozione non mi pesano direttamente. E allora vado. Tanto dall'Ade non si esce, se non con uno speciale permesso. Mia madre non è Cerere...Un teatro dell'Assurdo. Il varco c'è. Ed essendoci, ci DEVE essere il modo di passarci attraverso. Lo troverò, a tempo debito. La soddisfazione si assapora tutta dopo. Non devo provare ad arrivarci prima. Rischio solo di stirarmi. Non voglio essere solo.

Friday, June 16, 2006

Quadro

Tante volte vorrei avere il dono oscuro della malìa. Altre preferirei sentirmi dire ogni genere di pensiero che vi passa per la testa che vada contro di me, che possa offendermi. Un'impressione, qualcosa. Ma solo silenzio. E devo pregare in ginocchio(non mi regge) per comprendere, per sapere. Come dimostrarvi che ci tengo troppo a voi, ma che moltissimi di voi non mi calcolano? Scrivo per me stesso, ma possibile mai che non abbiate niente da dirmi? Normale. Se non vi interesso...La spiegazione di un sogno indefinito, infinito, perfetto che cozza con quello che è il mio desiderio, conseguenza dell'impossibilità. Tutti i complimenti che ricevo mi suonano falsi, perché so che sono fatti da chi non lo pensa, o da chi pensa senza conoscere. Le critiche invece molte tintinnano tra martello, incudine e staffa, e trovano terreno saldo. Inutile chiedermi perché mi odio. A me suona tanto chiaro. E mi suona anche chiaro che posso amare gli altri senza tuttavia amare me stesso. Fisicamente ho bisogno di movimento. Mentalmente ho bisogno di fare il vegetale. Mi sto trovando a oppormi a tutti e a tutto, con una fredda razionalità che avrebbe fatto rabbrividire anche Dracula. E non capto quasi più nulla. Sono confuso su alcuni fronti. E voglio solo che questo gioco finisca. Pedina sulla casella bianca con la morte di fronte che guarda dall'alto verso il basso con occhi vuoti. Un castello nel buio pesto brilla di un'aura violastra. Tendo al bianco e nero. Cristalli ovunque. Strano che sia in ginocchio e che non mi dolga. Singolare che non esista tempo, e lo spazio sia distorto. Appeso ad un muro e sotto vetro, non ho più la forza di urlare, ma di oppormi ne ho da vendere. Chi ha qualsiasi cosa da dirmi, QUALSIASI, anche la più cattiva nei miei confronti, abbia il coraggio di dirmela senza timore! Sono circondato da una calotta semi-impalpabile. Ma dimenticavo che non mi calcolate.

Tuesday, June 13, 2006

My Fault

Perché esisti? Hai visto sempre giusto? Può darsi...Ma di certo non hai visto che tu sei la causa di tutti i miei problemi. Ora lo sai. E sai anche che faresti meglio a star solo. E' quello che devi fare. Stai solo come meriti, stai solo come devi, tu ed i libri. E non star lì a perder tempo. Fuggi, perché qualsiasi cosa tu fai per gli altri basta una singola stupida parola per farti passare la voglia di vivere. Grazie. Grazie a me stesso perché ho meritato tutto questo. E Sartre aveva ragione: il libero arbitrio è solo la più grande delle maledizioni. Porta con sé responsabilità individuali per tutto, e tutto ciò si spiega secondo questo, e tenendo conto che niente ha uno scopo. Niente. I fini sono a breve termine, ma il grande fine non esiste...E' un dio fallito? No. Lo chiamerei piuttosto un essere che è nato fallito. L'uomo non è nato per vincere. Tutto è relativo, ma alla fine ci perdiamo tutti. E io ci perdo per mano mia. E se volessi vincere non potrei neanche. Oggi ho tremato dal freddo. Mi sono rivisto nelle parole che sapevo erano vere, ma mai mi fu chiaro come adesso: per me non è vero che non conto nulla, è vero che sono la mia stessa rovina! La mia decadenza è colpa mia e solo mia! Ho sbagliato, e chi non lo fa?...Non è una giustificazione. E di certo non mi rendo conto delle cose che faccio perché tante volte vado avanti nello scontro finché uno dei due non perisce, senza riconoscere che io ho torto. E che mi sono castigato da solo. Di certo me lo merito. E mi merito di fare schifo. Mi merito di essere preso ad insulti, a pesci in faccia da tutti, anche da chi voglio più bene. E non me la posso prendere, lo so che ho ricevuto molto di più di ciò che mi spettava. E so che adesso tutta questa sovrabbondanza diminuirà violentemente. Il processo è irreversibile. Tolleranza zero. Non deve finire così! L'ho dimenticata! Sto dimenticando me stesso, ma se vale il primo principio di tutte le cose, e se la causa della mia nullità, del mio essere tanto odioso quanto odiabile, perché continuare a farmi del male? Tanto varrebbe provare dolore lancinante per breve tempo per non provarne più. Fuggire anche adesso da ciò che sono, senza lottare per rimediare. Ho poco tempo, l'ansia e l'angoscia mi mangiano, il senso di colpa e il dolore sono tanto radicati che sarebbe più facile strapparmi il cuore senza smuovere l'aorta. E dovrei stare solo. Voglio una stanza senza finestre, dove solo io posso guardarmi dentro, e specchi non ne voglio. Voglio una lampada ad olio. Vorrei aria, ma non la merito. Devo smettere di programmare cose che non mi posso permettere...Sono povero, sono solo, sono assente per me stesso e per gli altri. Non ti lamentare che non ti considerino! E chi si lamenta. Gli dò perfettamente ragione. Tanto che chi mi considera lo tratto male tante volte perché ha torto a darmi retta. Non dovrebbe! Questo errore l'ho fatto con tutti io. E non voglio lo commettano anche gli altri. I sette anni di studio matto leopardiani mi attendono, e non posso sottrarmi ad essi. E non devo lamentarmi poi se provo ad eluderli. Non posso! Essi ritornano sempre, e il tempo mi viene contro per il semplice fatto che è come un treno che cammina su dei binari, ma io mi sono legato da solo a quei binari, e non ho intenzione di slegarmi! Però non ho calcolato che questo mi farebbe soffrire, e già la pochissima stima che ho verso quest'essere potrebbe svanire del tutto. Ma se non sono da buttar via in blocco, tanto vale dare i resti di me in pasto agli sciacalli. Non mi importa più. La mia Notre-Dame, la mia torre d'avorio, il mio castello transilvanico, la mia alcatraz, il mio tetro angolo è tutto qui. E potrei restarci. Se mai ci uscirò, risalterò, perché ciò che appare all'improvviso desta più sorpresa ed attenzione agli altri. Ma non voglio attenzione, non la merito! L'apocalisse sarà il mio sollievo se verrà il nulla eterno. Quanto dolore ho provato, e non accenna a diminuire! L'ho cercato e l'ho trovato! E' proprio colpa mia! Sembra già scritto. Una funzione crescente in sensi diversi, provenienti dall'incontro delle X, delle Y e delle Z. Il punto è il punto zero, quello che sono io, perché una cosa se ha un valore negativo non esiste nella realtà. E dato che esisto, il valore che ho è l'unico numero considerato pari che non ha valore. Zero. Perché la rivoluzione non è riuscita, e nonostante pensassi che il passaggio da un estremo all'altro avrebbe portato i suoi frutti, ha invece risaltato i geni costitutivi indelebili che mi compongono, e che rigetterei se fosse possibile. Ma con i se e con i ma non si va avanti, ci si isola nei meandri della propria mente rischiando di rimanerne prigionieri. Perché ho tre paia di manette? Il perché c'è, ed è semplicistico dire "sei un cretino". Acida, acida come il veleno che crei. Non ho più niente. Non striscio più. Ora attendo di erodere. Rispetto che non ho verso me stesso, pretendete che io lo abbia verso gli altri! A detta vostra sarebbe impossibile. eppure fino a ieri ci sono riuscito. Strana l'esistenza. Ti volta le spalle quando hai bisogno di te. Ognuno ha bisogno di sé, e degli altri ne avrebbe, se avesse la decenza di ammetterlo. Ma la decenza l'ho persa col resto. E i resti agli avvoltoi. Grazie! Mi hai rovinato la vita! La vita non è mai stata tua, perché non l'hai saputa controllare. Ora paga le conseguenze, e non lagnarti sempre! Mi hai scocciato! Non arrivi neanche a toccare terra nonostante tutto! Vergogna! Ti ho seppellito per sempre. Vedremo SE e come uscirai da lì.

Saturday, June 10, 2006

GRAZIE(ci ho sempre visto bene)

Avevo tanto da scrivere, ma il patibolo mi attende impaziente, e sono già in ritardo di tanto. Cosa cambierà? Solo la posizione: da verticale passo ad orizzontale. E devo dire GRAZIE. Il grazie più sarcastico, più amaro, se non acido, più doloroso di qualsiasi altra cosa, ringrazio tutti e tutto. E' l'unica volta che mi ritrovo perfettamente d'accordo con i Cradle Of Filth: I thank God for the suffering. Ora posso morire nel silenzio, ormai il dolore che ho provato mi rende immune a qualsiasi altro dolore. Sono pronto a tutto. Se risorgerò come la fenice, lo farò per quello che ho creduto e nel quale ancora credo, e non potrò cambiare idea su questo, perché riguarda me e solo me, ed è già stato sottoposto ad analisi. Sarà un sollievo smolecolarmi nello spazio. Non percepire più il tempo. Il nulla è la mia casa.

Saturday, June 03, 2006

Monade

Comincio finalmente a sentire qualcosa. Ma non è piacevole. Nausea. Profonda impressione ha avuto su di me il dolore altrui. Prima non ero capace di innamorarmi, e non lo sono neanche adesso. A questo punto comincio ad averne paura. Ma non è morbosa, è un'autodifesa che scatta automatica come lo svenimento davanti a cose che vorremmo evitare. La verità è che quando ricomincierò a sentire tutto, sentirò profondo dolore e profonda tristezza. Come al solito. L'unica cosa che riesco a provare al momento, oltre la nausea, è una sensazione di rifiuto-accettazione di me stesso. Assurdo come sbattere le corna su qualcosa sia improduttivo molte volte. E la cosa rarissima è che ho pianto. Lacrime che credevo non avere più da tempo. Pensavo di averle completamente terminate. Invece sono sempre presenti, anche se non cadono dagli occhi. Mi bruciano. Ho difficoltà a vedere. Ho difficoltà a trovare una posizione. Non riesco a dormire se non sono ubriaco, o stanco fisicamente. Ho fame. Sintomo di nervosismo. Anche questo è sinonimo di nevrosi. Lo scrivere. Scrivere senza poesia. Buttare giù le parole perché non riesco più a deglutire. Ultimamente mi sorgono più le brutte figure che faccio che altro. Per un attimo sono stato felice. E non avevo bevuto. Poi mi sono perso. Mi sono sentito più cretino del solito, più assente di quanto lo sia stato altre volte. Non era il culmine. Ma del resto, privato dei sensi, altro non potevo provare. Una monade. Le rappresentazioni le vedo solo, e non le controllo. Parlo a vuoto. Ascolto quanto sia poco convincente. Vedo quanto sia inutile. Odoro il nulla. Assaporo la sconfitta. Tocco un fantasma. Sono io! Sono trasparente. E sono come se non esistessi. Io non ci sono. Sembra un controsenso..."Ci sono sempre". Ci ho creduto per un attimo, non me la dare a bere. Sei assente da te stesso da tempo. La delusione ti trapassa come una lancia dal fianco sinistro a quello destro. E un'altra mi attraversa dalla coscia sinistra alla spalla sinistra. Mi manca solo una pallottola veloce entrante dal lato destro. E il quadro è completo. Quanto dovrei fare e non faccio! Quanto dovrei non fare e lo faccio! Non voglio gendarmi. Voglio andare su un'isola deserta a costringermi. Ho le mani legate. Ma non mi hanno tappato la bocca. Tante volte la dovrei chiudere. Mi pento di tanto. Mi pento di troppo. Mediazione impossibile. Che aspetti! Io sono qui, e non ci sono. Ho preso uno schiaffo, e la forza di esso non è bastata. Meritavo di più. Ho ricevuto un calcio. Non me l'aspettavo, ma me lo meritavo più forte. Vago nell'infinità spaziale senza pressione interna. Non ho bisogno di nulla. Non ci sento. Non mi sento. Sento solo voi. E voi sentite me tanto quanto. Un ringraziamento che mi fa comprendere e sottolinea la mia inutilità, la mia futilità, la mia incapacità. Solo non per scelta. E dovrei sceglierla. Ma non me la sento. Ci soffro anch'io! Lo devo gridare al mondo perché sia chiaro? Sto male!!! E non voglio pietà, non chiedo forzature. Non richiedo conforto non spontaneo, né una gru. Voglio vedere speranza. Voglio vedere che tutto si risolve come deve risolversi. Per il meglio. Di tutti. Non ho neanche la forza di pormi sotto una ruota chiodata. Né tantomeno altro. Mi sento in prigione. Ma se fossi in prigione proverei ad evadere. In realtà so di meritarmela. E non provo a fuggire. I cucchiaini li uso solo per scavare dentro me e dentro le coppe. Uno smeraldo appannato, opaco. Da fuori, tanto, ma inutile. Da dentro, troppo, e devastante. Non mi so muovere. Il mare di cemento a presa rapida è asciutto da troppo. Perché non mi sono accorto dove mi sono tuffato? Perché ho avuto problemi alla vista. Un oculista? No, non ci vedo lo stesso. Distinguo i colori, ma non mi sfiorano. Sono fuori di me. Mi vedo passare davanti gente, tempo, emozioni, sentimenti, pensieri, idee. E sono troppo lento. La giornata finisce presto, e per me tutto corre. Me ne accorgo alla sera. Chi ha premuto il tasto "forward"? Non vorrei essere stato io inavvertitamente. Dubito di questo. Non ho certi macchinari. Spirituali. Si. Certo. Vedo solo fisicità presente. La spiritualità vaga. E si perde e non si concentra. Atomo e monade. Per ora protoni, elettroni e neutroni non li conosco. Ma se guardo bene li vedrò. Mi disgrego ogni minuto che passa, e la mia vita è sempre più lontana, sconosciuta, straniera. Cos'è? Sento i cannoni, e non le cannonate. Comprendo poco, e passo per idiota. Come se non fosse vero. La parte lesa è a terra. L'altra è dannunziana. Prova ad elevarsi e dice di essere in alto quando è a terra anch'essa. Sulla stessa barca, e il vento è diverso dal mio. Mi colpiscono entrambi, e io rimango un puntino in mezzo all'oceano. Gli squali arriveranno, lo so. Ma non ne proverò dolore. Starò a guardare i brandelli che vanno via e spariscono come un osservatore imperturbabile. Come se non riguardasse me! Ancora sono troppo vuoto. E chi cerca trova. Ma chi crede di aver trovato e si ferma, si sbaglia di grosso. E si paralizza. E' una lunga notte con deboli e lontane stelle. Ma tale rimane. L'aurora non ci sarà se non saremo noi a concederla. La concessione dev'essere sincera. Altrimenti se la sentirà. E non verrà, nonostante l'invito. E' già pagato tutto, ma posso arrivare in ritardo. E le portate non saranno conservate per me. Se arriverò al dolce, prima patirò la fame. Una volta preso il dolce, a stomaco vuoto sarà come veleno. Non trovo i pioli per salire. Quelli per scendere si sono spezzati. E la scala non è appoggiata a niente. Facile bersaglio, patirò. Spero che dall'incendio scaturisca terra fertile, anche se dopo due incendi la terra non può più esserlo. Improduttivo, a che servi? Ad accumulare senza sottrarre.

Thursday, June 01, 2006

Tentare

Strano come sia accaduto, eppure l'aorta ha retto. Ma una cosa tiene e l'altra non la tengo più. Altalena ai colpi del destino, la catena potrebbe non reggere. Spero non si arrugginisca. La pioggia versata in questi giorni spero abbia lavato via ogni dubbio, ogni preoccupazione, ma non abbia fatto arrugginire ciò che mi tiene. Non è che non abbia voglia, ma non so. E invece di lavorare per poter affrontare il fato, gioco a fare l'oracolo di Delfi. Gioco pericoloso, la trans potrebbe far più che stordirmi. Potrei perdermi. Potrei perdere. Potrei svegliarmi tardi. Ma non succederà. Mi appellerò a chiunque sarà necessario. Richiamerò a me tutte le mie forze. Riunirò in me l'equilibrio che trovai un giorno di anni fa. L'imperturbabilità e la determinazione si fonderanno. E la mente riposata sarà preparata ad accogliere e a riaccogliere l'utilizzabile. C'è più di un mondo dentro. Ci entrerà un universo. Cos'è poi il buio, se non tutto? La mancanza di luce non significa che non ci sia niente. Solo bisogna abituarsi a camminare senza inciampare. La luce poi può essere anche artificiale, non devo essere Lucifero. Lungo il cammino si trovano anche lampioni. Basta che illuminino a dovere. Impensabili talvolta, la poca conoscenza fa brutti scherzi talvolta, ma qualora serva, riserba sorprese che riempiono il cuore. Mille problemi, un solo uomo. Pensare a tutto non si può. Pensare a turno è sconveniente. Pensare a se stessi è egoista. Pensare tendendo verso. Si. Serve intelligenza, forza, determinazione, e le passioni bisogna lasciarle a casa e sfoderarle davanti alle opere. Davanti agli scritti. Sguainare gli artigli spero non servirà, ma li terrò affilati. Tetragono e sfera allo stesso momento. Inserendo una mano nell'acqua, attinge alla fonte. Non mi alzerò da terra, sarò innalzato. Basta accettare il tutto come se lo avessi stabilito io. Uniformare il mio volere a ciò che è e non si può cambiare. Così dovrei farcela. Così dovremmo farcela. Come in estasi, vedo un attimo dopo di dove mi trovo. Senza le fondamenta, un palazzo non tiene. Comincia a scavare. Per erigerlo, servirà tempo, pazienza, previsione, fortuna, progettazione, fiducia in se stessi. Il tempo è tiranno, ma stabilii che fosse così. Le rotaie non sono interrotte. Sei semplicemente bianco. Carica, hai il tempo necessario. Ma la spina attaccala! La corrente si paga, certo. Sarò felice di avercela e di averla pagata, darà soddifazione. Immergo le mani e le braccia nella terra, aumenta la pressione dall'interno, supera quella esterna. Ma ancora è questione di secondi. Particolare sentirsi parte del tutto mentre gli altri no. Un panismo soddisfacente, ma non a pieno. Ameno (concordo). Naturalizzazione, e perché solo io? Non mi va. Eppure dovrei fare strada, dato che la vedo. Follow me. I'll show you the way, since I see it. Elle est très difficile. No, no es imposible. Tentar non nuoce. Tante volte la soluzione è così semplice che non la vediamo. Il paradosso è reale, e il problema è di facile soluzione, ma è come chi deve fare uno più uno quando sta per annegare nel lago. Non si conosce la soluzione. Non la si vede. Bisogna rischiare.